ENOGASTRONOMIA

Il cibo era: pane fatto in casa alla maniera di Vezzano, cioè molto stacciata la farina e molto lavorata sulla madia, cotto nel forno casalingo senza trasgredire una delle regole, da generazioni tramandate: il formaggio di pecora era divenuto giallo riposando per mesi nella tavola sospesa al soffitto della cucina; il vino era bianco, di Corongiola.
Tobino Mario
Mario Tobino
Scrittore, Poeta, Psichiatra

Un Paese si scopre anche attraverso le sue tradizioni culinarie.

Torta di riso dolce

Torta di riso dolceIl 15 di Agosto a Vezzano Basso e la domenica prima a Vezzano Alto si festeggia il Santo Patrono.
Come in tutte le feste che si rispettano il dolce che caratterizzava e non “doveva” mai mancare era la torta di riso dolce. 

Si cominciava col mettere da parte le uova durante la “luna bona” e la settimana prima si prendevano accordi col fornaio per poterle cuocere.

Regolarmente avvenivano discussioni sia per la cottura (o “l’era brusà” o ” la n’era cota ben”) sia sull’orario che difficilmente veniva rispettato.

Si capiva che era la vigilia della festa dal via-vai delle donne che portavano la torta al forno avvolta nel “mandilon”, dal brusio incessante ma soprattutto si respirava un profumo inebriante di dolce e dello stare insieme.

Focaccia dolce

focaccia dolcePer Natale si preparava la focaccia dolce che doveva durare sino all’Epifania: immaginate quanto doveva essere grande!
Si cominciava la sera con l’impastare farina e lievito madre e si lasciava riposare nella “mastra”.
Il mattino successivo si aggiungevano i vari ingredienti sino ad ottenere un impasto ben amalgamato e morbido che veniva posto direttamente nella teglia dove al centro era posizionata una “copa” (tazza).
Venivano adagiate delle coperte per favorire la lievitazione e alla sera “la s’ gh’ scaudeva ‘r culo” mettendo la teglia vicino alla cucina economica.
Quando la lievitazione era al punto giusto si preparava il forno e si infornava, se era troppo caldo per non farla “avampara” si metteva una “cazarola d’aiga” per ridurre il calore. 
Quasi a fine cottura si passava sulla superficie il burro e vi si spargeva lo zucchero per fare quella “crosticina” deliziosa.